Il non luogo della mediazione


Prosegue l'intervista rilasciata a MediationHub, un'occasione per riflettere sulla disciplina della mediazione che orienta questo mio approccio attorno all'amore, alle sue crisi e ai suoi ri-medi.

Intervistatore: Quale è secondo te l’ambiente, lo spazio ideale per svolgere una mediazione?

M.S.Galli: Non credo nel setting. Almeno per quel che concerne la mediazione. Penso che il mediatore debba anzitutto accompagnare le parti in un non-luogo, ossia quello spazio dal quale si cerchi il più possibile di lasciare fuori il mondo così come appare: il mondo coi suoi dettami, le sue regole, i suoi codici, le sue coercizioni, i suoi dogmi, per aiutarle a cercare dentro di loro, e rispetto alla specificità della loro relazione, le leggi più adeguate per disciplinare il conflitto che stanno vivendo, trasformandolo da distruttivo a costruttivo. In questo senso, la mediazione può essere intesa come un’utopia, un u-topos, un senza luogo che proprio nel non-luogo che il mediatore allestisce può trovare dimora. Da qui in poi è chiaro che assume un senso del tutto secondario il concetto di setting. Il setting è il mediatore. 

Intervistatore: Ma avrai una tua stanza specifica per svolgere le mediazione, no? Come l’hai strutturata? 

M.S.Galli: Be’, se la stanza è il mediatore, sarà fondamentale che lui per primo creda e incarni questo non-luogo. Poi certo, nella stanza che mi capita di usare abitualmente, ci sono cose fisiche e concrete: libri, cd musicali, pennarelli, fogli dove poter scrivere e disegnare, giochi di varia tipologia, immagini, riproduzioni di opere d’arte, riviste da ritagliare, insomma tutto quello che può servire per aiutare le parti a entrare in questo non-luogo, la cui porta di ingresso, è bene sottolinearlo, bascula cercando perennemente un equilibrio, tra logica e fantasia, realtà e immaginario, intuizione e ragione… Per questo si tratta di materiali che, prima di averli a disposizione fisicamente, il mediatore dovrebbe anzitutto averli dentro di sé. È il motivo per cui, tra un qualsivoglia saggio o manuale sulla mediazione e un buon libro di poesia, narrativa, una mostra d’arte, un concerto, uno spettacolo teatrale, il mediatore dovrebbe sempre scegliere uno di questi ultimi, perché sarà tanto più formativo e foriero di stimoli per aiutare le prossime persone che gli capiterà di mediare. 

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