Alla fine senza fine dell'amore

Oltre un anno or sono iniziavano questo blog stimolati dalla volontà di dare spazio a un possibile "discorso sull'amore" entro quella inusitata arena (paradossalmente inusitata) che è la mediazione familiare, arena in cui denunciavamo la pressoché totale assenza (appunto paradossale) di questo discorso, in un luogo in cui l'amore dovrebbe, invece, farla da padrone, proprio perché luogo deputato a cercare di risolvere: i conflitti, le paure, i rancori, le fatiche di un sentimento che si è perduto e che solo nella scoperta di un nuovo amore si può ritrovare...

Un "amore diverso", lo chiamammo allora, ossia un amore non necessariamente coniugale, ma in grado di risorgere dalle sue ceneri per ristabilire una relazione che (di nuovo insieme o separati) possa lanciare entrambi i partner in una nuova vita in cui regni il benessere -a maggior ragione se l'amore pregresso ha generato un figlio trasformando ogni incontro in un legame perenne che si fa carne in quella creatura terza.

Abbiamo così cercato di sviscerare alcune riflessioni intorno a questo infinito discorso (tanto infinito da riempire la quasi totalità del riflettere umano), provando a fare emergere quelle situazioni che determinano oggi una fragilità dell'amore come mai si era vista prima; fragilità su cui, a nostro avviso, è fondamentale intervenire con opportuni dispositivi: di prevenzione della crisi (mediazione pre-coniugale), di risoluzione della crisi (mediazione coniugale) e di riduzione dei possibili danni della crisi (mediazione familiare).

Ora, dopo oltre un anno di questo girovagare tra i pianeti dell'amore, questo blog chiude i battenti (non perché non ci sia altro da dire sull'amore, anzi, ma perché come tutte le belle storie d'amore anche questa deve finire con un "vissero felici e contenti" che annunci il principio di un nuovo inizio -di cui daremo informazioni nel prossimo post) tornando all'origine del suo elucubrare: la mediazione -appunto- quale possibile strumento per affrontare e risolvere le crisi d'amore sia in veste preventiva, che ricostruttiva o separativa.

Così, alla fine di questo blog, come alla fine senza fine di tutti i possibili discorsi sull'amore, crediamo sia opportuno ridimensionare il peso di ogni affermazione, di ogni presunta teoria, di ogni roboante assolutismo (che anche in questo blog non sono mancati) per fare risaltare la sola verità possibile: quella di ogni amore nella sua unicità, quell'amore comunque irripetibile, determinato da quella coppia (quella e solo quella) che nel qui e ora di ogni osservazione diventa "La Coppia": non riducibile a nessun'altra.

Di fronte alla coppia vera e in carne e ossa, tutti i cliché sull'amore, tutte le riflessioni, tutte le possibili elucubrazioni, tutte le teorie, comprese quelle qui stilate, devono, in qualche modo, essere messe da parte, presenti ma al contempo dimenticate.

Ed è proprio questa la specificità della mediazione: entrare nel contesto della coppia rifiutando il rigore dell’oggettivazione, mettendosi in gioco, per così dire, “senza memoria”, agendo, cioè, sempre al presente vivo della scena in atto, così da abbracciare, per davvero, le soggettività che sono coinvolte insieme alle parziali verità che le spingono ad agire e ai saperi profondi che le muovono e dai quali è indispensabile partire affinché, ogni possibile soluzione, sia la loro soluzione e non un qualsiasi medicamento standardizzato valido per tutti e per nessuno.

Il mediatore, senza scienza e senza sapere, si esenta, così, non solo dal fornire qualsiasi diagnosi tesa a evidenziare disturbi, patologie e persino tassonomie che svierebbero il suo mandato, ma anche dal proporre qualsiasi interpretazione, valutazione o consiglio, per quanto sollecitato dal desiderio (sempre vivo nella coppia) di evitare la fatica del cambiamento abbracciando le soluzioni (solo apparentemente solutive) dell'esperto di turno; poiché il mandato del mediatore non è, per l’appunto, interpretativo ma dispiegativo di ogni materialità che contestualizza e dà senso all'oggetto in esame permettendo di cogliere la pienezza dell’esperienza che produce e di interrogarsi sulla possibile tras-formazione delle parti, ossia sulle potenzialità latenti o manifeste attraverso le quali affrontare, a partire dal contesto, la crisi e, da lì, ogni eventuale cambiamento.

Lo spazio della mediazione così orientato, si presta allora a divenire davvero, e fuor d’ogni retorica, il luogo dove l’io impara a cercare nel tu le ragioni di un proprio se stesso che si trovano nell'incondizionata consegna di sé a quella alterità che incrina la nostra identità, non per evadere dalla nostra solitudine, né per fondersi con l'identità dell'Altro, ma per aprirla a ciò che noi ancora non siamo; quel non-siamo con cui è salvifico giocare per scoprire in ogni gesto il miracolo della stupefazione.

Buona stupefazione a tutti...


0 commenti:

Posta un commento

Grazie, per il tuo commento.

 
amoreCiao Copyright © 2012 by Massimo Silvano Galli