Fatica e Sacrificio d'Amore

Nel post precedente ("Il mito della libertà") ponevamo attenzione a quella disfunzione strategico-concettuale che gli amori contemporanei spesso sembrano manifestare, credendo che la vita di coppia coincida con la realizzazione di una sorta di libertà totalizzante, una libertà slegata da tutto e da tutti -credenza in evidente contraddizione con il fatto stesso che l'amore è (o dovrebbe essere) un forte legame, anzitutto emotivo, e, in quanto tale (appunto) lega, fa sì, dicevamo, che, proprio creando una serie di vicendevoli vincoli, possa sospingere entrambi a scoprire forme di libertà altrimenti non esperibili.

Pensare di stare in questo legame senza al contempo esserne in qualche modo legati, o tentando in diversi modi di slegarsi, non può che produrre degli amori malati in cui entrambi i poli della relazione finiscono per soffrire.

Allo stesso modo, risulta evidente, come la condizione di colui che si lega a un Altro non è sempre "rose e fiori", come si usa dire. Ogni libertà ha un prezzo, e anche la particolare e unica libertà che generano gli amori non difetta in questo senso.

Il problema, tutto contemporaneo, è che la libertà che si conquista nella relazione con l'Altro sembra corrispondere sempre meno alle mitologie con cui cresciamo in questa nostra epoca, ad esempio a ciò che ci fa distinguere il buono dal cattivo, il giusto dall'errato.

“Fatica”, “sacrificio”, ci ricorda Romano Madera (“La filosofia come stile di vita”), sono parole in decadimento. Dalla fine della seconda guerra mondiale sono andate via via perdendo il loro peso nella vita sociale, trasformandosi da “parole culto”, su cui si sono fondate tutte le civiltà umane segnate dalla scarsità dei beni, a “parole minaccia” per la civiltà dello sperpero e dei consumi in cui viviamo -almeno in quell'occidente che tende ad allargarsi a dismisura globalizzando il mondo con le sue forme-vita.

Oggi, ciò che la concezione contemporanea inserisce nella categoria delle cose buone e giuste, non prevede né la fatica, né il sacrificio, anzi, prescrive il loro esatto contrario: l'ozio, meglio declinato come: semplificazione, immediatezza, intrattenimento; e l'abbondanza, a sua volta declinata come: consumo, opulenza, spreco.

Non è questo lo spazio per inoltrarci ulteriormente in questa riflessione, ci basti pensare che, in un mondo dove fatica e sacrificio risuonano, anche nelle teorie economiche, come tamburi funebri, la vita di coppia è destinata a non reggere il passo.

Alte e basse maree di ogni relazione d’amore donano, insieme alle gioie classificabili come tali, anche numerosi detriti che oggi non siamo più in grado di leggere come beni preziosi: la bella fatica dell’attenzione all’Altro, la fatica dell’ascolto (quello vero), la fatica del dono gratuito, del per-dono, la fatica della rinuncia di ciò che mi piace a favore di ciò che ti piace, il sacrificio -appunto- di me per te, la fatica della cooperazione; ma anche la fatica del conflitto sano e costruttivo, la fatica del confronto con l’Altro per far valere le proprie idee, ma disposti ad abdicarvi di fronte a un argomento che riconosciamo migliore e, infine, anche la fatica educativa nel cercare insieme il cambiamento di ciò che non funziona e verso ciò che ci rende più felici, ma anche la fatica di educare quell'Altro che, essendo altro da me, ha bisogno di essere accompagnato a comprendere chi sono, cosa voglio e perché, affinché possa non diventare come io lo voglio, ma a provare -per amore- ad essere come io lo vorrei -ed è in questo spazio che si dà la possibilità del cambiamento ed emerge quella forza dell'amore che ci fa evolvere, spingendoci a scoprirci diversi.

A queste fatiche non è la coppia in sé, ma l’uomo contemporaneo che non sembra più abilitato e avverte come aliene certe impegnative posizioni che troppo echeggiano come vetuste prescrizioni morali (fatica, sacrificio, per-dono, rinuncia, etc.), non perché necessariamente lo siano, ma perché (per citare le più eclatanti) storicamente monopolizzate da dottrine religiose in via di secolarizzazione e contemporaneamente osteggiate da divergenti dettami socio-culturali dove, invece, hanno la meglio posizioni edoniste e individualiste.

Come abbiamo più volte accennato in questo blog, è a partire da queste condizioni uniche nella storia dell'umano (e a cui non siamo preparati), che si impone la necessità di aprire una riflessione attorno alla nascita di una pedagogia dell’amore di coppia capace di focalizzarsi sulle dinamiche evolutive di questa fondamentale e nutritiva relazione, conquistando una posizione laica e il più possibile aideologica, proponendo modelli ecologici multiesperienziali e muldisciplinari che sappiano introdurre un’educazione all'amore coniugale capace di farcene comprendere le dinamiche e le potenzialità e, al contempo, capace di ridurre i rischi dello smarrimento e della dissipazione, senza per questo abbracciare posizioni antidivorziste, ma elevando l'amore alla sua massima potenza: quando intreccia nei suoi legami due storie differenti e le unisce, legandole e liberandole per sempre, accada quel che accada, divorzio compreso.

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